martedì 12 dicembre 2017

1003


Scoprire che la tanto agognata discussione della tesi di dottorato avrà luogo nell’aula 1003 – numero delle donne conquistate da Don Giovanni in Spagna sulla lista di Leporello – non ha prezzo. Non ho potuto fare a meno di sorridere quando ho letto la mail della segretaria e mi sono dovuta trattenere dal canticchiare l’aria in biblioteca. Da quel momento non riesco a liberarmi dall’Ohrwurm (parola tedesca che mi piace un sacco, che letteralmente sarebbe verme nell’orecchio, ma che in italiano è tradotto con  tormentone o motivetto nella testa – espressioni che a mio avviso non rendono così bene l’idea), così continuo a cantare tra me e me (e quando non mi trovo in un luogo pubblico anche a mezza voce): ma in Ispagna son già mille e tre – turutututuru – mille e tre.
Mozart mi ammazzerebbe – e avrebbe pure ragione.


 
Dr. to be: countdown.

lunedì 4 dicembre 2017

E Rosina poverina… (seconda parte)


“Amore e fede eterna” augurava il coro alla coppia appena unita in matrimonio, Rosina e il Conte di Almaviva (alias Lindoro). Finalmente ha ottenuto, Lindoro, l’oggetto della sua brama, la musa che ispirava il suo amore. Il coro lo rassicura: ormai nulla potrà separarli. “Questo nodo non si scioglie, sempre a lei ti stringerà”, gli cantano. Che detto così potrebbe anche sembrare una minaccia, ma è la minaccia più dolce per due innamorati. 


Come si dice? Ah già: le ultime parole famose. 
 
Il seguito della storia di Rosina e il Conte di Almaviva è messa in scena da Mozart con Le nozze di Figaro – che, si è detto, è stata composta prima del Barbiere di Rossini. Così oggi farò un salto indietro e passerò da Rossini a Mozart.
Nelle Nozze il Conte è lontano dall’essere quel fervente innamorato di Rosina che era stato quando era Lindoro. Adesso che sono sposati sembra che gli sia venuta a noia sia la moglie che la fedeltà coniugale e, da uomo potente e piacente quale è, decide di esercitare il diritto feudale e soddisfare le sue voglie con le altre donne della sua contea. Arrogante e pieno di sé, si direbbe che l’unica qualità dell’ex Lindoro sia quella di non essere più un tenore, bensì un basso-baritono.
Nell’opera accade spesso che i “cattivi” siano bassi, mentre i “buoni” tenori. Tutti i personaggi giovani, belli e innamorati, da Tamino della Zauberflöte a Lindoro dell’Italiana in Algeri, sono tenori, mentre i “cattivi”, come Osmin dell’Entführung aus dem Serail, il Commendatore del Don Giovanni, Don Alfonso di Così fan tutte, sono bassi. Certo, ci sono delle eccezioni come il saggio Zarastro, basso profondo della Zauberflöte. E ci si potrebbe (e dovrebbe) chiedere che cosa si debba considerare buono e che cosa cattivo – ma in linea generale la regola è questa.
Tornando al Conte. Sarà perché nelle Nozze è, appunto, un basso, sarà perché sono un po’ innamorata di Rod Gilfry e della sua interpretazione del Conte di Almaviva, fatto sta che l’arrogante ed egoista signore aristocratico mi è assai più simpatico dell’ingenuo Lindoro. Il suo carattere è più complesso e meno scontato. È un uomo, mi sembra, in cerca di sé. Non sa dove stia il bene e dove stia il male. Va a caccia di quello che gli dà piacere e gioia, come una falena della luce, e si arrabbia con tutto quello che, dal suo punto di vista, lo ferisce o lo offende. Per questo è incoerente: non si fa problemi a trascorrere “certe mezz’ore” con le altre donne del castello, ma è geloso marcio di Rosina e non sopporta l’idea che anche lei possa tradirlo. Mi è simpatico perché è umano, non è uno stereotipo che si innamora di un ritratto. Mi è simpatico perché alla fine riesce a venire a capo di tutti i suoi guai (che si è più o meno autoinflitto), capisce di aver sbagliato e chiede perdono. E cambia.
Ma andiamo con ordine. L’opera si apre con la famosa scena in cui Figaro, che qui è il servitore del Conte di Almaviva, prende le misure della camera che il suo padrone ha assegnato a lui e alla sua promessa sposa Susanna, cameriera della Contessa, per collocarvi il loro talamo. Susanna però è agitata e alle sempre più pressanti domande di Figaro confessa che il Conte si è preso per lei una bella scuffia e che, in cambio della dote di nozze, pretende di esercitare su di lei il diritto feudale. In altre parole: vuole portarsela a letto. Figaro, offeso, promette di fargliela pagare.
La trama dell’opera è molto più articolata di quella del Barbiere. Tutti i personaggi sono pieni e vivi, ognuno con i suoi intrighi e i suoi garbugli. Qui adesso vi racconto soltanto del Conte e di Rosina.
Rosina viene a sapere dalla stessa Susanna che il Conte non le è fedele. Lei però lo sospettava. Già da tempo non era felice della condotta del suo “moderno marito”, al tempo fedifrago e geloso. Dove sono andati i bei momenti? Che fine hanno fatto tutte le promesse e i giuramenti pronunciati da quelle labbra menzognere – che, nonostante ciò, lei ancora ama?  
Come farlo redimere? Rosina, riaccesa dall’antico fuoco di rivalsa, decise di tendergli un tranello insieme a Susanna. Quest’ultima gli dovrà far credere di cedere alle sue lusinghe e quindi di accettare di concedersi a lui.

Tra un sì e un no, un no e un sì, il Conte (qui Rod Gilfry) cerca di acciuffare la cameriera per accelerare i tempi e giubila al pensiero di farla sua, mentre Susanna si scosta e si scusa con tutti quelli che amano perché è costretta a mentire. Qualche scena più in là i due si accordano, grazie a un bigliettino, di trovarsi con il favore della notte in giardino e consolare lì le loro voglie.
Tutto è così disposto. Il Conte, convinto di avere un appuntamento hot con la tanto desiderata cameriera, all’ora stabilita si reca al luogo dell’incontro. Nel frattempo, però, Susanna e Rosina, per trarlo in inganno, si sono scambiate i vestiti e quella che, nella semioscurità, il Conte bacia avidamente non è Susanna, ma la sua stessa consorte che veste i panni della cameriera.

Il Conte però non riconosce le stranote mani e si meraviglia di quanto siano morbide le dita che crede sconosciute. Si eccita: il calore del corpo di una donna “nuova” riaccende tutto il suo ardore. Mi chiedo sempre come diamine faccia a non riconoscerla. Se non la forma delle mani, ma almeno l’odore della pelle, la voce… Le cose sono due: o è un marito molto distratto, o il testosterone gli ha dato completamente alla testa, obnubilandogli tutti i sensi. Chissà. La conclusione sembrerebbe essere che basta abbassare le luci e indossare gli abiti di un’altra persona per ravvivare il fuoco della passione di una vecchia coppia – ma non vogliamo essere così prosaici. Un rumore interrompe quello che ancora non si è consumato e i due amanti si separano per paura di essere scoperti.  

Chissà cosa avrà pensato Rosina vedendo l’amato consorte fare una corte sfrenata a quella che lui credeva essere Susanna. Chissà se avrà avuto dei rimpianti, se si sarà chiesta come sarebbe stata la sua vita se non si fosse lasciata ammaliare da Lindoro. Chissà se ha mai ripensato a Bartolo e al suo amore incondizionato per lei.
Nelle Nozze Bartolo sembra essersi in qualche modo consolato dalla “rottura” con Rosina. Dopo aver scoperto che Figaro è nientemeno che il figlio che lui, anni addietro, aveva concepito con Marcellina – la quale, prima di questa scoperta, aspirava a diventare la moglie di Figaro (allarme incesto) – decide (più o meno liberamente) di sposare quest’ultima. Se lui sarà davvero contento insieme a questa donna petulante non lo so, però troppo insoddisfatto non sembra. 
    

Ma torniamo ai nostri amanti in giardino. Li abbiano lasciati che si erano appena divisi perché avevano sentito un rumore. Il Conte spia dal suo nascondiglio chi gli aveva rotto le uova nel paniere e vede Figaro intento ad amoreggiare con – sua moglie Rosina. O almeno quella che lui pensa essere sua moglie. Si tratta invece di Susanna travestita da Rosina che mette in scena l’ultimo atto del piano escogitato con quest’ultima per dare una lezione al marito. Il Conte ci casca con tutte le scarpe e, pazzo di gelosia, corre come una furia verso la fedifraga coppia, la quale si nasconde in un antro. Pensando di cogliere in fallo Rosina, il Conte chiama i suoi uomini al suono di “Gente, gente! All’armi, all’armi!”. La gente si raduna e il Conte, pensando di esporre la coppia rea alla pubblica umiliazione, li strattona fuori dal loro nascondiglio.
Figaro e Susanna (sotto le spoglie della Contessa) chiedono perdono all’unisono, ma il Conte è irremovibile. “No, no, non sperarlo!”, continua a ripetere. L’offesa è troppo grave, l’onta con cui la moglie lo ha macchiato non può essere lavata con parole di perdono. Le rimprovera un tradimento che lui stesso era in procinto di compiere – se non fosse stato interrotto, appunto, da loro. Improvvisamente una voce proveniente dal fondo del palco fa ammutolire tutti. La Contessa, quella vera, compare quasi dal nulla come un fantasma. “Almeno io per loro perdono otterrò”, canta.
Il Conte la guarda e, dopo qualche lungo secondo di silenzio, si inginocchia e intona uno dei canti più commuoventi che io abbia sentito mai, con le sole parole: “Contessa, perdono”. 

Mi piace pensare che il Conte, quando vede comparire Rosina, si redima davvero. Mi piace pensarlo perché questo Andante fa vibrare tutte le corde del mio cuore e a mala pena, quando lo ascolto, riesco a trattenere le lacrime. Mi piace sognare che anche nella vita vera gli errori, le azioni che feriscono, si possano risolvere così. Con il perdono.
La Contessa accetta le scuse del Conte, lui le bacia la mano sotto lo sguardo commosso di tutti e il coro conclude: “Ah, tutti contenti saremo così”. Tutti contenti, come nelle favole.
Poi Allegro assai. Archi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe e timpani per il gran finale.
Questo giorno di tormenti,
di capricci e di follia,
in contenti e in allegria
solo Amor può terminar.
Sposi, amici, al ballo! Al gioco!
Alle mine date fuoco,
ed al suon di lieta marcia
corriam tutti a festeggiar!
 Anche Le nozze di Figaro si concludono, come il Barbiere, con uno sposalizio – addirittura doppio: quello di Susanna e Figaro e quello di Bartolo e Marcellina. Se Susanna sarà contenta, se rimpiangerà di non aver davvero ceduto alle lusinghe del Conte o di non avere scelto uno sposo più giovane e fervente come Cherubino (evidentemente i toy-boys erano in voga già allora) non ci è dato saperlo. Ma anche nelle favole questo non lo dicono – e tutte si concludono con un happy end.