“Amore e fede
eterna” augurava il coro alla coppia appena unita in matrimonio, Rosina e il
Conte di Almaviva (alias Lindoro).
Finalmente ha ottenuto, Lindoro, l’oggetto della sua brama, la musa che
ispirava il suo amore. Il coro lo rassicura: ormai nulla potrà separarli.
“Questo nodo non si scioglie, sempre a lei ti stringerà”, gli cantano. Che
detto così potrebbe anche sembrare una minaccia, ma è la minaccia più dolce per
due innamorati.
Come si dice? Ah
già: le ultime parole famose.
Il seguito della storia
di Rosina e il Conte di Almaviva è messa in scena da Mozart con Le nozze di Figaro – che, si è detto, è
stata composta prima del Barbiere di
Rossini. Così oggi farò un salto indietro e passerò da Rossini a Mozart.
Nelle Nozze il Conte è lontano dall’essere
quel fervente innamorato di Rosina che era stato quando era Lindoro. Adesso che
sono sposati sembra che gli sia venuta a noia sia la moglie che la fedeltà
coniugale e, da uomo potente e piacente quale è, decide di esercitare il
diritto feudale e soddisfare le sue voglie con le altre donne della sua contea.
Arrogante e pieno di sé, si direbbe che l’unica qualità dell’ex Lindoro sia
quella di non essere più un tenore, bensì un basso-baritono.
Nell’opera accade
spesso che i “cattivi” siano bassi, mentre i “buoni” tenori. Tutti i personaggi
giovani, belli e innamorati, da Tamino della Zauberflöte a Lindoro dell’Italiana
in Algeri, sono tenori, mentre i “cattivi”, come Osmin dell’Entführung aus dem Serail, il
Commendatore del Don Giovanni, Don
Alfonso di Così fan tutte, sono
bassi. Certo, ci sono delle eccezioni come il saggio Zarastro, basso profondo
della Zauberflöte. E ci si potrebbe
(e dovrebbe) chiedere che cosa si debba considerare buono e che cosa cattivo – ma
in linea generale la regola è questa.
Tornando al
Conte. Sarà perché nelle Nozze è,
appunto, un basso, sarà perché sono un po’ innamorata di Rod Gilfry e della sua
interpretazione del Conte di Almaviva, fatto sta che l’arrogante ed egoista
signore aristocratico mi è assai più simpatico dell’ingenuo Lindoro. Il suo
carattere è più complesso e meno scontato. È un uomo, mi sembra, in cerca di
sé. Non sa dove stia il bene e dove stia il male. Va a caccia di quello che gli
dà piacere e gioia, come una falena della luce, e si arrabbia con tutto quello
che, dal suo punto di vista, lo ferisce o lo offende. Per questo è incoerente:
non si fa problemi a trascorrere “certe mezz’ore” con le altre donne del
castello, ma è geloso marcio di Rosina e non sopporta l’idea che anche lei
possa tradirlo. Mi è simpatico perché è umano, non è uno stereotipo che si
innamora di un ritratto. Mi è simpatico perché alla fine riesce a venire a capo
di tutti i suoi guai (che si è più o meno autoinflitto), capisce di aver
sbagliato e chiede perdono. E cambia.
Ma andiamo con
ordine. L’opera si apre con la famosa scena in cui Figaro, che qui è il
servitore del Conte di Almaviva, prende le misure della camera che il suo
padrone ha assegnato a lui e alla sua promessa sposa Susanna, cameriera della
Contessa, per collocarvi il loro talamo. Susanna però è agitata e alle sempre
più pressanti domande di Figaro confessa che il Conte si è preso per lei una
bella scuffia e che, in cambio della dote di nozze, pretende di esercitare su
di lei il diritto feudale. In altre parole: vuole portarsela a letto. Figaro,
offeso, promette di fargliela pagare.
La trama
dell’opera è molto più articolata di quella del Barbiere. Tutti i personaggi
sono pieni e vivi, ognuno con i suoi intrighi e i suoi garbugli. Qui adesso vi
racconto soltanto del Conte e di Rosina.
Rosina viene a
sapere dalla stessa Susanna che il Conte non le è fedele. Lei però lo
sospettava. Già da tempo non era felice della condotta del suo “moderno marito”,
al tempo fedifrago e geloso. Dove sono andati i bei momenti? Che fine hanno
fatto tutte le promesse e i giuramenti pronunciati da quelle labbra menzognere
– che, nonostante ciò, lei ancora ama?
Come farlo
redimere? Rosina, riaccesa dall’antico fuoco di rivalsa, decise di tendergli un
tranello insieme a Susanna. Quest’ultima gli dovrà far credere di cedere alle
sue lusinghe e quindi di accettare di concedersi a lui.
Tra un sì e un no,
un no e un sì, il Conte (qui Rod Gilfry) cerca di acciuffare la cameriera per
accelerare i tempi e giubila al pensiero di farla sua, mentre Susanna si scosta
e si scusa con tutti quelli che amano perché è costretta a mentire. Qualche
scena più in là i due si accordano, grazie a un bigliettino, di trovarsi con il
favore della notte in giardino e consolare lì le loro voglie.
Tutto è così
disposto. Il Conte, convinto di avere un appuntamento hot con la tanto desiderata cameriera, all’ora stabilita si reca al
luogo dell’incontro. Nel frattempo, però, Susanna e Rosina, per trarlo in
inganno, si sono scambiate i vestiti e quella che, nella semioscurità, il Conte
bacia avidamente non è Susanna, ma la sua stessa consorte che veste i panni
della cameriera.
Il Conte però non
riconosce le stranote mani e si meraviglia di quanto siano morbide le dita che
crede sconosciute. Si eccita: il calore del corpo di una donna “nuova”
riaccende tutto il suo ardore. Mi chiedo sempre come diamine faccia a non
riconoscerla. Se non la forma delle mani, ma almeno l’odore della pelle, la
voce… Le cose sono due: o è un marito molto distratto, o il testosterone gli ha
dato completamente alla testa, obnubilandogli tutti i sensi. Chissà. La
conclusione sembrerebbe essere che basta abbassare le luci e indossare gli
abiti di un’altra persona per ravvivare il fuoco della passione di una vecchia
coppia – ma non vogliamo essere così prosaici. Un rumore interrompe quello che
ancora non si è consumato e i due amanti si separano per paura di essere
scoperti.
Chissà cosa avrà
pensato Rosina vedendo l’amato consorte fare una corte sfrenata a quella che
lui credeva essere Susanna. Chissà se avrà avuto dei rimpianti, se si sarà
chiesta come sarebbe stata la sua vita se non si fosse lasciata ammaliare da
Lindoro. Chissà se ha mai ripensato a Bartolo e al suo amore incondizionato per
lei.
Nelle Nozze Bartolo sembra essersi in qualche
modo consolato dalla “rottura” con Rosina. Dopo aver scoperto che Figaro è
nientemeno che il figlio che lui, anni addietro, aveva concepito con Marcellina
– la quale, prima di questa scoperta, aspirava a diventare la moglie di Figaro
(allarme incesto) – decide (più o meno liberamente) di sposare quest’ultima. Se
lui sarà davvero contento insieme a questa donna petulante non lo
so, però troppo insoddisfatto non sembra.
Ma torniamo ai
nostri amanti in giardino. Li abbiano lasciati che si erano appena divisi
perché avevano sentito un rumore. Il Conte spia dal suo nascondiglio chi gli aveva
rotto le uova nel paniere e vede Figaro intento ad amoreggiare con – sua moglie
Rosina. O almeno quella che lui pensa essere sua moglie. Si tratta invece di
Susanna travestita da Rosina che mette in scena l’ultimo atto del piano
escogitato con quest’ultima per dare una lezione al marito. Il Conte ci casca
con tutte le scarpe e, pazzo di gelosia, corre come una furia verso la
fedifraga coppia, la quale si nasconde in un antro. Pensando di cogliere in
fallo Rosina, il Conte chiama i suoi uomini al suono di “Gente, gente!
All’armi, all’armi!”. La gente si raduna e il Conte, pensando di esporre la
coppia rea alla pubblica umiliazione, li strattona fuori dal loro nascondiglio.
Figaro e Susanna
(sotto le spoglie della Contessa) chiedono perdono all’unisono, ma il Conte è
irremovibile. “No, no, non sperarlo!”, continua a ripetere. L’offesa è troppo
grave, l’onta con cui la moglie lo ha macchiato non può essere lavata con
parole di perdono. Le rimprovera un tradimento che lui stesso era in procinto
di compiere – se non fosse stato interrotto, appunto, da loro. Improvvisamente
una voce proveniente dal fondo del palco fa ammutolire tutti. La Contessa,
quella vera, compare quasi dal nulla come un fantasma. “Almeno io per loro
perdono otterrò”, canta.
Il Conte la guarda
e, dopo qualche lungo secondo di silenzio, si inginocchia e intona uno dei
canti più commuoventi che io abbia sentito mai, con le sole parole: “Contessa,
perdono”.
La Contessa
accetta le scuse del Conte, lui le bacia la mano sotto lo sguardo commosso di
tutti e il coro conclude: “Ah, tutti contenti saremo così”. Tutti contenti,
come nelle favole.
Poi Allegro assai. Archi, flauti, oboi,
clarinetti, fagotti, corni, trombe e timpani per il gran finale.
Questo giorno di tormenti,
di capricci e di follia,
in contenti e in allegria
solo Amor può terminar.
Sposi, amici, al ballo! Al gioco!
Alle mine date fuoco,
ed al suon di lieta marcia
corriam tutti a festeggiar!
Anche Le nozze di Figaro si concludono, come
il Barbiere, con uno sposalizio –
addirittura doppio: quello di Susanna e Figaro e quello di Bartolo e
Marcellina. Se Susanna sarà contenta, se rimpiangerà di non aver davvero ceduto
alle lusinghe del Conte o di non avere scelto uno sposo più giovane e fervente
come Cherubino (evidentemente i toy-boys
erano in voga già allora) non ci è dato saperlo. Ma anche nelle favole questo
non lo dicono – e tutte si concludono con un happy end.
Nessun commento:
Posta un commento