A Málaga sono costretta a ridimensionare un po' le mie aspettative. È carina e c'è tanto da vedere: il museo di Picasso, la sua casa natale, la Cattedrale, il Castillo de Gibralfaro e l’Alcazaba
– una fortezza araba costruita sulla base di una
fortezza fenicio-punica – ma ho ancora davanti agli occhi i tesori di Siviglia e di Cordoba, quindi non riesco a stupirmi davanti alle bellezze di questa nuova città. Credo che l'Alcazaba mi avrebbe incantata se non
avessi visitato prima l’Alcázar di Siviglia e la casa di Pilato; quindi se
progettate un viaggio in Andalusia e avete intenzione di visitare anche Málaga
vi consiglio di cominciare da qui e fare il percorso inverso.
Sono già un po’
stanca dai giorni passati, trascorsi rimbalzando da una parte all’altra delle città che ho visitato, con la smania di voler vedere tutto, di non sprecare un
istante. Ho i piedi doloranti e sono sfossata dal caldo umido della città marittima,
così decido di rallentare il ritmo e trascorrere qui qualche pigra giornata da
turista sfaticata.
La mia attuale
“casa” è diversa dalle sistemazioni precedenti: per la prima volta da quando
sono partita non “abito” in centro, ma in periferia – e le periferie delle
città si assomigliano un po’ tutte: strade aperte al traffico, negozietti di
frutta e verdura, supermercati, discount, negozi cinesi, estetiste,
parrucchiere. Mi ricorda il quartiere in cui ho abitato lo scorso inverno ad
Atene. L’appartamento in cui mi sono insediata è molto carino. Sembra una
grande WG (in tedesco: Wohngemeinschaft, ovvero appartamento
condiviso) con quattro camere, nelle quali soggiornano gli ospiti della
struttura, due bagni (uno ogni due camere), un soggiorno, una cucina e due
grandi terrazze. A me tocca una piccola camera con un letto a castello un po’
sfondato da una parte e un climatizzatore a gettoni. Nonostante non sia oggettivamente
bella, questa camera ha un qualcosa che non so spiegare, che mi rassicura, mi
accoglie e mi fa subito sentire a casa.
Condivido il
bagno con una donna francese che non parla altra lingua all’infuori della sua
(e sono molto contenta che il mio soggiorno in un’università francofona in
Svizzera mi abbia resa capace di conversare anche in francese), e la cucina con
una coppia cilena sulla sessantina che parla solo spagnolo. Nel mio spagnolo
zoppicante trascorriamo a chiacchierare sulla terrazza più di una sera, consumando
le nostre cene. Loro sono molto dolci e simpatici. Dopo pochi quarti d’ora
insieme mi trattano quasi come fossi figlia loro: mi chiamano chica o mi corazón, lui mi spiega cosa fare e cosa non fare in città, in
quale lido andare a fare il bagno, che autobus prendere. L’ultima sera si offre
di prenotare per me (in spagnolo) un taxi per l’indomani per andare alla
stazione dei bus, dalla quale sarei dovuta partire per Granada. Poi ci
separiamo con grandi abbracci e molti auguri per il futuro e andiamo a dormire.
Anche la donna
che gestisce l’appartamento, Graciela, è molto simpatica e anche lei parla solo
spagnolo, al contrario di suo marito Jorge che conosce sia l’inglese che
l’italiano. Graciela è una donna di quasi sessant’anni, molto dinamica e
divertente. È con lei che faccio, per pochi euro, la prima manicure della mia vita in un piccolissimo salone di bellezza sotto
casa (e credo che quello sia il posto in cui ho imparato più parole in
spagnolo fin ora).
Qui a Málaga trascorro
le giornate facendo lunghe e lente passeggiate nel centro città, facendo
piccole soste in qualche negozietto e visitando, con molte pause, le attrazioni
turistiche e i siti d’interesse. Ogni volta che scorgo una panchina all’ombra, mi
ci fiondo e prendo posto per rifocillarmi dal caldo soffocante e dalla
stanchezza. Scrivo lunghe cartoline e pagine del mio quaderno, cerco di
imprimere i miei pensieri e le mie impressioni su carta, trasformare in
inchiostro il groviglio di emozioni che mi attraversano mente e cuore.
Per la prima
volta dal mio arrivo in Spagna mi concedo dei pasti tranquilli e abbondanti,
non più i pranzi frugali e improvvisati consumati all’interno dell’Alcázar di Siviglia o sulla piazzetta
davanti alla Mezquita di Cordoba:
scopro un piccolo ristorante di tapas
non lontano dal centro e divento cliente abituale. L’ultima sera del mio
soggiorno a Málaga mangio finalmente la paella
e mi chiedo perché non l’abbia fatto prima. Voglio infine sfatare un
pregiudizio: non è vero che in Spagna il gelato è cattivo. Prima di partire,
una conoscente mi aveva messa in guardia: “Non prendere il gelato lì”, mi aveva
detto, “se hai fortuna non sa di nulla, se non hai fortuna è disgustoso”. Evidentemente
ho avuto più che fortuna, perché a Málaga ho mangiato un gelato buonissimo (la
gelateria si chiama Nonna, se può
interessarvi).
Non sono riuscita
a vedere uno spettacolo di flamenco come si deve, ma in compenso ho comprato un
paio di scarpette: ho intenzione di tornare a ballare. Porterò almeno un po' di Spagna con me nell'inverno freddo che mi aspetta.
Ormai il mio soggiorno qui sta volgendo al termine. Domani sveglia
alle 5:00. Alle 6:30 parte l’autobus che mi porterà nell’ultima sognata tappa di questa avventura: l’Alhambra di Granada.