In Germania una
giornata di metà novembre con sole e cielo terso può significare solo una cosa:
l’inverno è alle porte. L’ho imparato a mie spese la prima volta che sono
andata a Berlino. Era fine dicembre di qualche anno fa, avevo trascorso le
vacanze di Natale con la mia famiglia in Sicilia e avevo prenotato un volo
diretto Catania-Berlino. Finalmente avrei visitato la capitale! Quell’inverno mediterraneo
era particolarmente mite: nel mio paese dell’entroterra c’erano 15 gradi, a
Palermo – dove vado ogni volta che posso perché è la città italiana in cui più
mi sento a casa – 18 circa. Io avevo lasciato una Germania freddina, ma non
freddissima, e facevo la sborona andando in giro senza cappotto davanti agli
occhi allibiti di parenti e amici per i quali ero ormai diventata una tedesca a
tutti gli effetti.
Il giorno della
partenza sono andata all’aeroporto vestita a strati in previsione della
Germania. Immaginavo che a Berlino ci sarebbe stato più freddo – non ero
ingenua fino a questo punto. Sono arrivata che era già buio, tirava vento e
pioveva. Ero però così eccitata di essere finalmente arrivata che sul momento
non ho badato molto al tempo. Ho cenato e sono andata a dormire.
Sono stata
svegliata, il giorno dopo, da un raggio di sole che filtrava allegro attraverso
i vetri un po’ sporchi della mia camera. Mi sono alzata un po’ intontita, ho
guardato fuori e non potevo credere ai miei occhi: un cielo azzurro e limpido
così non c’era nemmeno in Sicilia – mi sono detta. Quale tempo migliore per la
mia prima spedizione in città? Sono scesa di sotto, ho fatto una colazione
frugale, mi sono lavata e preparata per uscire. Incoraggiata dal sole ho
indossato (lo ricordo come se fosse successo stamani): un paio di collant
pesanti, ma non di lana, una gonna di jeans, una maglia di misto acrilico con
su una giacchetta senza ambizioni e un giubbino rosso imbottito ma corto.
Niente guanti. Niente cappello. Stavo per lasciare la casa quando lei mi dice
“Sei sicura di volere uscire così? Fa molto freddo oggi”. Le rivolgo un sorriso
sghembo mentre penso: “Esagerata! Questi tedeschi pensano che solo perché vengo
dal sud dell’Europa non sono in grado di sopportare il freddo teutonico. Vivo
già da qualche annetto in Germania, non è il mio primo inverno qui”. Più per
accontentarla che per tranquillizzarla porto con me anche una sciarpa. Appena
fatto qualche passo sul vialetto davanti casa mi sono subito pentita del mio
outfit, ma un po’ per orgoglio e un po’ perché avevo paura di perdere l’autobus
mi sono decisa di non tornare a cambiarmi. Non credo di avere mai sentito freddo
come quella giornata a Berlino: il gelo arrivava fino alle ossa, non avevo più
la sensibilità nei piedi, che mi facevano male, non potevo tirare fuori le mani
dalle tasche (e infatti ho fatto pochissime foto), ogni mio respiro produceva
una nuvoletta di fumo, le orecchie erano diventate due ghiaccioli. Correvo da
un museo a un bar e da un bar a un museo e quando finalmente la sera sono
arrivata al teatro dell’opera mi sono lasciata cullare dal tepore della sala al
punto che ho rischiato un paio di volte di addormentarmi – cosa che non mi
succede mai quando ascolto l’opera. Non che non ci fossero e non ci sarebbero state
giornate fredde nella mia vita (mi sono rotolata su metri di neve delle Alpi,
ho visitato città più al nord, ci sono stati inverni più rigidi nei posti in
cui ho abitato). Solo non me l’aspettavo. Il freddo mi ha presa in contropiede
ingannandomi con un cielo blu e un sole gelido. Il cielo grigio, le nuvole basse e minacciose sono molto meno infidi di una giornata limpida in inverno qui.
Ho imparato così la
lezione: se in Germania il cielo è terso, prendi il cappotto!
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