mercoledì 15 novembre 2017

Quando il cielo è blu, prendi il cappotto!


In Germania una giornata di metà novembre con sole e cielo terso può significare solo una cosa: l’inverno è alle porte. L’ho imparato a mie spese la prima volta che sono andata a Berlino. Era fine dicembre di qualche anno fa, avevo trascorso le vacanze di Natale con la mia famiglia in Sicilia e avevo prenotato un volo diretto Catania-Berlino. Finalmente avrei visitato la capitale! Quell’inverno mediterraneo era particolarmente mite: nel mio paese dell’entroterra c’erano 15 gradi, a Palermo – dove vado ogni volta che posso perché è la città italiana in cui più mi sento a casa – 18 circa. Io avevo lasciato una Germania freddina, ma non freddissima, e facevo la sborona andando in giro senza cappotto davanti agli occhi allibiti di parenti e amici per i quali ero ormai diventata una tedesca a tutti gli effetti.
Il giorno della partenza sono andata all’aeroporto vestita a strati in previsione della Germania. Immaginavo che a Berlino ci sarebbe stato più freddo – non ero ingenua fino a questo punto. Sono arrivata che era già buio, tirava vento e pioveva. Ero però così eccitata di essere finalmente arrivata che sul momento non ho badato molto al tempo. Ho cenato e sono andata a dormire.
Sono stata svegliata, il giorno dopo, da un raggio di sole che filtrava allegro attraverso i vetri un po’ sporchi della mia camera. Mi sono alzata un po’ intontita, ho guardato fuori e non potevo credere ai miei occhi: un cielo azzurro e limpido così non c’era nemmeno in Sicilia – mi sono detta. Quale tempo migliore per la mia prima spedizione in città? Sono scesa di sotto, ho fatto una colazione frugale, mi sono lavata e preparata per uscire. Incoraggiata dal sole ho indossato (lo ricordo come se fosse successo stamani): un paio di collant pesanti, ma non di lana, una gonna di jeans, una maglia di misto acrilico con su una giacchetta senza ambizioni e un giubbino rosso imbottito ma corto. Niente guanti. Niente cappello. Stavo per lasciare la casa quando lei mi dice “Sei sicura di volere uscire così? Fa molto freddo oggi”. Le rivolgo un sorriso sghembo mentre penso: “Esagerata! Questi tedeschi pensano che solo perché vengo dal sud dell’Europa non sono in grado di sopportare il freddo teutonico. Vivo già da qualche annetto in Germania, non è il mio primo inverno qui”. Più per accontentarla che per tranquillizzarla porto con me anche una sciarpa. Appena fatto qualche passo sul vialetto davanti casa mi sono subito pentita del mio outfit, ma un po’ per orgoglio e un po’ perché avevo paura di perdere l’autobus mi sono decisa di non tornare a cambiarmi. Non credo di avere mai sentito freddo come quella giornata a Berlino: il gelo arrivava fino alle ossa, non avevo più la sensibilità nei piedi, che mi facevano male, non potevo tirare fuori le mani dalle tasche (e infatti ho fatto pochissime foto), ogni mio respiro produceva una nuvoletta di fumo, le orecchie erano diventate due ghiaccioli. Correvo da un museo a un bar e da un bar a un museo e quando finalmente la sera sono arrivata al teatro dell’opera mi sono lasciata cullare dal tepore della sala al punto che ho rischiato un paio di volte di addormentarmi – cosa che non mi succede mai quando ascolto l’opera. Non che non ci fossero e non ci sarebbero state giornate fredde nella mia vita (mi sono rotolata su metri di neve delle Alpi, ho visitato città più al nord, ci sono stati inverni più rigidi nei posti in cui ho abitato). Solo non me l’aspettavo. Il freddo mi ha presa in contropiede ingannandomi con un cielo blu e un sole gelido. Il cielo grigio, le nuvole basse e minacciose sono molto meno infidi di una giornata limpida in inverno qui.
Ho imparato così la lezione: se in Germania il cielo è terso, prendi il cappotto!

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