Avrei voluto
concludere il capitolo della mia “avventura andalusa” raccontandovi di Granada
e della magia dell’Alhambra, ma per quanto mi sforzassi di ricostruire le
immagini, gli odori e le sensazioni provate in quel luogo, non riuscivo a
trasformarle in soldatini neri e ordinati sullo sfondo bianco del mio file
word. Non riuscivo a far rivivere il caldo umido dell’Andalusia con i 10 gradi
piovigginosi dell’autunno tedesco.
Sono tornata in
Germania.
La prima cosa che
ho fatto al mio ritorno è stata ammalarmi. La stanchezza di un’estate da
vagabonda mi si è riversata addosso non appena oltrepassato il confine. Ho
trascorso così la prima settimana vegetando sul divano con febbre e mal di gola.
Da nomade tornare sedentaria – difficile il passaggio.
A partire dalla
seconda settimana ho esercitato tutti i lavori possibili meno che il mio. Ho
fatto la traslocatrice, l’artigiana, la tappezziera (e con quale talento!), la
montatrice di mobili e la parrucchiera. Un dottorato in filosofia e due braccia
sottratte alla manovalanza – ha commentato la mia migliore amica. In tutto
questo ho dovuto occuparmi anche di consegne, scadenze, Anmeldungen, scartoffie e tutte quelle cose da grandes personnes che
fanno male alla fantasia.
Poi finalmente ho
ritrovato la concentrazione di tornare al mio lavoro, al mio libro. Una volta
alla settimana, invece, per guadagnare qualcosina in più e perché mi diverte,
ho ripreso a insegnare italiano presso un conosciuto istituto nella città in
cui vivo.
Cerco un
equilibro nuovo, mi adatto a una situazione nuova a una fase di passaggio.
La temperatura si
è abbassata ancora e anche il blu del cielo preannuncia l’arrivo di un inverno al
quale non mi sento preparata. Ce la farò?
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