lunedì 25 settembre 2017

Avventura andalusa. Terza tappa: Málaga


A Málaga sono costretta a ridimensionare un po' le mie aspettative. È carina e c'è tanto da vedere: il museo di Picasso, la sua casa natale, la Cattedrale, il Castillo de Gibralfaro e l’Alcazaba – una fortezza araba costruita sulla base di una fortezza fenicio-punica – ma ho ancora davanti agli occhi i tesori di Siviglia e di Cordoba, quindi non riesco a stupirmi davanti alle bellezze di questa nuova città. Credo che l'Alcazaba mi avrebbe incantata se non avessi visitato prima l’Alcázar di Siviglia e la casa di Pilato; ­quindi se progettate un viaggio in Andalusia e avete intenzione di visitare anche Málaga vi consiglio di cominciare da qui e fare il percorso inverso. 


Sono già un po’ stanca dai giorni passati, trascorsi rimbalzando da una parte all’altra delle città che ho visitato, con la smania di voler vedere tutto, di non sprecare un istante. Ho i piedi doloranti e sono sfossata dal caldo umido della città marittima, così decido di rallentare il ritmo e trascorrere qui qualche pigra giornata da turista sfaticata.
La mia attuale “casa” è diversa dalle sistemazioni precedenti: per la prima volta da quando sono partita non “abito” in centro, ma in periferia – e le periferie delle città si assomigliano un po’ tutte: strade aperte al traffico, negozietti di frutta e verdura, supermercati, discount, negozi cinesi, estetiste, parrucchiere. Mi ricorda il quartiere in cui ho abitato lo scorso inverno ad Atene. L’appartamento in cui mi sono insediata è molto carino. Sembra una grande WG (in tedesco: Wohngemeinschaft, ovvero appartamento condiviso) con quattro camere, nelle quali soggiornano gli ospiti della struttura, due bagni (uno ogni due camere), un soggiorno, una cucina e due grandi terrazze. A me tocca una piccola camera con un letto a castello un po’ sfondato da una parte e un climatizzatore a gettoni. Nonostante non sia oggettivamente bella, questa camera ha un qualcosa che non so spiegare, che mi rassicura, mi accoglie e mi fa subito sentire a casa.
Condivido il bagno con una donna francese che non parla altra lingua all’infuori della sua (e sono molto contenta che il mio soggiorno in un’università francofona in Svizzera mi abbia resa capace di conversare anche in francese), e la cucina con una coppia cilena sulla sessantina che parla solo spagnolo. Nel mio spagnolo zoppicante trascorriamo a chiacchierare sulla terrazza più di una sera, consumando le nostre cene. Loro sono molto dolci e simpatici. Dopo pochi quarti d’ora insieme mi trattano quasi come fossi figlia loro: mi chiamano chica o mi corazón, lui mi spiega cosa fare e cosa non fare in città, in quale lido andare a fare il bagno, che autobus prendere. L’ultima sera si offre di prenotare per me (in spagnolo) un taxi per l’indomani per andare alla stazione dei bus, dalla quale sarei dovuta partire per Granada. Poi ci separiamo con grandi abbracci e molti auguri per il futuro e andiamo a dormire.
Anche la donna che gestisce l’appartamento, Graciela, è molto simpatica e anche lei parla solo spagnolo, al contrario di suo marito Jorge che conosce sia l’inglese che l’italiano. Graciela è una donna di quasi sessant’anni, molto dinamica e divertente. È con lei che faccio, per pochi euro, la prima manicure della mia vita in un piccolissimo salone di bellezza sotto casa (e credo che quello sia il posto in cui ho imparato più parole in spagnolo fin ora).
Qui a Málaga trascorro le giornate facendo lunghe e lente passeggiate nel centro città, facendo piccole soste in qualche negozietto e visitando, con molte pause, le attrazioni turistiche e i siti d’interesse. Ogni volta che scorgo una panchina all’ombra, mi ci fiondo e prendo posto per rifocillarmi dal caldo soffocante e dalla stanchezza. Scrivo lunghe cartoline e pagine del mio quaderno, cerco di imprimere i miei pensieri e le mie impressioni su carta, trasformare in inchiostro il groviglio di emozioni che mi attraversano mente e cuore.  


Per la prima volta dal mio arrivo in Spagna mi concedo dei pasti tranquilli e abbondanti, non più i pranzi frugali e improvvisati consumati all’interno  dell’Alcázar di Siviglia o sulla piazzetta davanti alla Mezquita di Cordoba: scopro un piccolo ristorante di tapas non lontano dal centro e divento cliente abituale. L’ultima sera del mio soggiorno a Málaga mangio finalmente la paella e mi chiedo perché non l’abbia fatto prima. Voglio infine sfatare un pregiudizio: non è vero che in Spagna il gelato è cattivo. Prima di partire, una conoscente mi aveva messa in guardia: “Non prendere il gelato lì”, mi aveva detto, “se hai fortuna non sa di nulla, se non hai fortuna è disgustoso”. Evidentemente ho avuto più che fortuna, perché a Málaga ho mangiato un gelato buonissimo (la gelateria si chiama Nonna, se può interessarvi).
Non sono riuscita a vedere uno spettacolo di flamenco come si deve, ma in compenso ho comprato un paio di scarpette: ho intenzione di tornare a ballare. Porterò almeno un po' di Spagna con me nell'inverno freddo che mi aspetta. 

Ormai il mio soggiorno qui sta volgendo al termine. Domani sveglia alle 5:00. Alle 6:30 parte l’autobus che mi porterà nell’ultima sognata tappa di questa avventura: l’Alhambra di Granada.

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