Meine
Damen und Herren, bitte steigen Sie ein. Vorsicht an den Türen. Ihr Zug fährt
jetzt ab.
Il mio treno
sfreccia in direzione nord. Ad attendermi c’è la capitale, Berlino. Nonostante
ci sia già stata, è la prima volta che ci vado da sola e sono un po’
emozionata. Lascio correre lo sguardo dal finestrino: il paesaggio si fa sempre
più piatto, l’orizzonte si apre davanti ai miei occhi. È un grande cambiamento
per il mio sguardo che, fino a ieri, era stato limitato dalle maestose e
imponenti Alpi svizzere, la cui costante presenza mi faceva sentire ora al
sicuro e ora prigioniera.
Adesso
il mio treno corre in una sconfinata distesa verde puntellata, di tanto in
tanto, da piccoli agglomerati di case. Cerco di evitare la mia immagine
riflessa sul finestrino, la mia faccia stanca delle cinque del mattino non mi
piace. Spero che nessuno si sieda accanto a me perché oggi non ho voglia di
fare conversazione. Solitamente mi piace conoscere le persone in treno: è come
affacciarmi per qualche ora in un mondo completamente nuovo, esplorarlo e
tastarne i contorni. Spesso ho conosciuto persone interessanti durante i miei
viaggi: un frate francescano, un vecchio falegname di un paesino sperduto nella
foresta nera, un professore di viola dell’università di Berna, una ragazza
turca partita da sola in cerca della sua strada, un arabo che mi raccontava del
suo modo di vivere e praticare la religione in Germania. Ma oggi sono troppo
indaffarata con i miei pensieri per essere aperta a quelli degli altri. A
Berlino mi aspetta una conferenza in una delle università più rinomate della
Germania. Ho mandato la candidatura senza pensarci troppo. L’ho scritta in un
pomeriggio, contagiata dall’entusiasmo di una mia amica.
L’email in cui mi comunicavano che il mio paper
era stato selezionato e che avrei quindi partecipato a questa conferenza è
stata una doccia d’acqua fredda. Prima l’euforia, poi la paura. Perché hanno
scelto me? Sarò all’altezza? Sarò in grado di fronteggiare le domande durante
la discussione? Non è la prima conferenza a cui partecipo, ma il nome di questa
università mi incute un po’ di soggezione. Così sto qui seduta, circondata da
libri e dai miei appunti, frenando lo sguardo che, indisciplinato, approfitta di
ogni attimo di distrazione per fuggire di nuovo verso l’orizzonte e perdersi
nel verde. Berlino, sto arrivando!
Nessun commento:
Posta un commento