Non so in Italia,
perché quando vivevo lì non mi era (ancora) capitato di confrontarmi con
questioni di questo genere, ma nei Paesi d’Oltralpe le mutande da uomo,
specialmente i boxer aderenti, hanno una fascia elastica sulla linea del bacino
sulla quale vantano a grandi lettere un nome che, immagino, secondo il loro
ideatore, dovrebbe suonare molto virile o molto sexy. Così, sotto i pantaloni
dei seri e distinti signori che si aggirano negli uffici o passeggiano per le
strade di queste città, si nasconde – oltre che un ormai scontato Calvin Klein (il
cui nome potrebbe, peraltro, togliere, almeno nell’immaginario, grandiosità
all’abitante sud di questo indumento) o un Dolce & Gabbana – un John Adams
o un Axel Ford. Immagino un ipotetico atto sessuale in cui la fortunata di
turno, prima di cominciare, dovrà presentarsi al sé movente compagno di
avventure. Che noia le anonime mutandine di pizzo da donna! Sarebbe più
divertente se anche la biancheria intima femminile sfoggiasse nomi accattivanti
come Jessica Smith o Fanny Lee. Perlomeno le presentazioni pre-preliminari non
sarebbero a senso unico: “John, questa è Jessica, Jessica ti presento John. Buon
divertimento!”. Per non parlare di quei boxer che sulla fascia elastica portano
la scritta UOMO (in italiano) a caratteri maiuscoli. Che bisogno c’è di specificare?
Forse chi li indossa non è sicurissimo della propria identità e ha bisogno di
averne una conferma scritta ogni volta che guarda più in giù dell’ombelico? O
forse è un’informazione per la propria compagna, nel caso in cui (prima o dopo
il rapporto) le venisse in mente di mettere in dubbio la sua virilità? Oppure
per fare leva, attraverso una parola italiana, su un fascino latino da
indossare al momento opportuno? In Germania c’è una marca di indumenti maschili
(intimi e non) che mi fa sorridere: si chiama “Angelo Litrico”, che sa di
Italia, suona un po’ come acido nitrico e dà al soddisfatto acquirente
teutonico l’idea di avere comprato qualcosa che gli darà un tocco italiano e
pericoloso.
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