Eccomi di nuovo
in viaggio. Zaino in spalla (sì, lo ammetto: sotto l’influsso teutonico ho abbandonato il classico trolley da brava-ragazza-in-viaggio
italiana, per iniziarmi alla pratica dello zaino – poco elegante, ma molto più
leggero e maneggevole), scarpe di tela ai piedi (che hanno sostituito le mie
inseparabili Wanderschuhe
dei percorsi alpini) e tanta
emozione per questa nuova avventura, mi preparo ad attraversare tre nazioni in
tre giorni: dalle Alpi svizzere all’Andalusia – passando per Milano.
Sono in treno con
il naso incollato al finestrino. Vedo sfilare davanti al mio sguardo laghi,
alberi, case. Vorrei catturare ogni immagine, conservarla nella memoria e
riesumarla quando l’inverno buio mi richiamerà al lavoro. Le Alpi - temute e ormai
amate sovrane elvetiche – si fanno sempre più piccole e vengono risucchiate
dalle distese verdi e dalle risaie della pianura Padana. Lo sguardo spazia
libero, senza più ostacoli. Palazzoni e case di dubbio gusto estetico prendono
il posto delle baite e delle casette di montagna che puntellavano il paesaggio
che fino a pochi minuti fa sfrecciava davanti ai miei occhi. Sento già un po’
di nostalgia della vita “selvaggia” tra camminate, scalate, bagni nel fiume
freddo, latte appena munto preso ogni sera dal contadino e patate raccolte nell’orto.
Sento la vita pulsante, caotica, rumorosa e un po’ maleodorante della grande
città che si avvicina e mi obbligo a riordinare i miei pensieri e il mio modo
di percepire il mondo: per quasi un mese ho vissuto in un villaggio di dodici case
inerpicato sulle montagne dei Grigioni, incontrando ogni giorno solo pochi
sguardi conosciuti e tra qualche ora sarò catapultata nella metropoli, capitale
della moda e dell’industria italiana, stretta in una metropolitana insieme a
centinaia di persone sconosciute, pigiate l’una all’altra come sardine in
scatola.
Eppure Milano mi
piace, mi trema un po’ il cuore al pensiero di tornare lì.
Ci ho vissuto per
un anno e mezzo – poco in confronto alla durata di una vita media, ma tanto se
penso a tutto quello che lì è accaduto. Lì si è verificata la prima grande
frattura della mia vita, lì il più grande sconvolgimento che ha trasformato la
ragazzina ingenua di provincia nella donna – molto imperfetta, ma più piena di
immagini, colori, dolori, sogni, delusioni, vittorie e curiosità – che sono
ora. Ma questa è un’altra storia – e qui non ve la racconterò.
Milano è per me
la città della libertà, della scoperta, il posto in cui, l’ho già detto, ho
sentito, per la prima volta limpida la voce del mio pensiero. È la città dei
musei, del teatro, della Scala, di un’università nuova. La città della prima
metropolitana che io abbia visto e preso, la città della puzza e della fretta.
La città delle amiche e dei conflitti, dei giri in bicicletta, delle corse e
del “bosco in città”. La città di molto altro, che sarà sempre nel mio cuore.
Oggi però è solo la città che mi ospiterà per una notte e due mezze giornate e da cui domani prenderò l’aereo che mi porterà nell’ultimo luogo di questo mio lungo peregrinare estivo: l’Andalusia. L’ho sognata, l’ho immaginata, ho guardato lunghi documentari ambientati a Siviglia, a Cordoba, a Granada e tra una notte e qualche ora sarò davvero lì.
Devo solo
prendere la giusta coincidenza del treno e non addormentarmi poco prima della
mia fermata, come ho già fatto una volta. Devo solo non perdere l’aereo. Seppure
imbranata e un po’ sognante, credo di potercela fare. Cara Andalusia, sto
arrivando!
Buon viaggio carissima Juju ��
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