venerdì 1 settembre 2017

Dalla Svizzera all’Andalusia passando per Milano


Eccomi di nuovo in viaggio. Zaino in spalla (sì, lo ammetto: sotto l’influsso teutonico ho abbandonato il classico trolley da brava-ragazza-in-viaggio italiana, per iniziarmi alla pratica dello zaino – poco elegante, ma molto più leggero e maneggevole), scarpe di tela ai piedi (che hanno sostituito le mie inseparabili Wanderschuhe dei percorsi alpini) e tanta emozione per questa nuova avventura, mi preparo ad attraversare tre nazioni in tre giorni: dalle Alpi svizzere all’Andalusia – passando per Milano.

Sono in treno con il naso incollato al finestrino. Vedo sfilare davanti al mio sguardo laghi, alberi, case. Vorrei catturare ogni immagine, conservarla nella memoria e riesumarla quando l’inverno buio mi richiamerà al lavoro. Le Alpi ­- temute e ormai amate sovrane elvetiche – si fanno sempre più piccole e vengono risucchiate dalle distese verdi e dalle risaie della pianura Padana. Lo sguardo spazia libero, senza più ostacoli. Palazzoni e case di dubbio gusto estetico prendono il posto delle baite e delle casette di montagna che puntellavano il paesaggio che fino a pochi minuti fa sfrecciava davanti ai miei occhi. Sento già un po’ di nostalgia della vita “selvaggia” tra camminate, scalate, bagni nel fiume freddo, latte appena munto preso ogni sera dal contadino e patate raccolte nell’orto. Sento la vita pulsante, caotica, rumorosa e un po’ maleodorante della grande città che si avvicina e mi obbligo a riordinare i miei pensieri e il mio modo di percepire il mondo: per quasi un mese ho vissuto in un villaggio di dodici case inerpicato sulle montagne dei Grigioni, incontrando ogni giorno solo pochi sguardi conosciuti e tra qualche ora sarò catapultata nella metropoli, capitale della moda e dell’industria italiana, stretta in una metropolitana insieme a centinaia di persone sconosciute, pigiate l’una all’altra come sardine in scatola. 

Eppure Milano mi piace, mi trema un po’ il cuore al pensiero di tornare lì.

Ci ho vissuto per un anno e mezzo – poco in confronto alla durata di una vita media, ma tanto se penso a tutto quello che lì è accaduto. Lì si è verificata la prima grande frattura della mia vita, lì il più grande sconvolgimento che ha trasformato la ragazzina ingenua di provincia nella donna – molto imperfetta, ma più piena di immagini, colori, dolori, sogni, delusioni, vittorie e curiosità – che sono ora. Ma questa è un’altra storia – e qui non ve la racconterò.

Milano è per me la città della libertà, della scoperta, il posto in cui, l’ho già detto, ho sentito, per la prima volta limpida la voce del mio pensiero. È la città dei musei, del teatro, della Scala, di un’università nuova. La città della prima metropolitana che io abbia visto e preso, la città della puzza e della fretta. La città delle amiche e dei conflitti, dei giri in bicicletta, delle corse e del “bosco in città”. La città di molto altro, che sarà sempre nel mio cuore.

Oggi però è solo la città che mi ospiterà per una notte e due mezze giornate e da cui domani prenderò l’aereo che mi porterà nell’ultimo luogo di questo mio lungo peregrinare estivo: l’Andalusia. L’ho sognata, l’ho immaginata, ho guardato lunghi documentari ambientati a Siviglia, a Cordoba, a Granada e tra una notte e qualche ora sarò davvero lì.
Devo solo prendere la giusta coincidenza del treno e non addormentarmi poco prima della mia fermata, come ho già fatto una volta. Devo solo non perdere l’aereo. Seppure imbranata e un po’ sognante, credo di potercela fare. Cara Andalusia, sto arrivando!
  

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