lunedì 10 luglio 2017

Come diventare nobile (1° parte)



Un gioco re(g)ale 


In questo non peccherò di originalità, ma il mio sogno da bambina era quello di essere una principessa. Non per i bei vestiti o per il castello, né tantomeno per essere sposata da un principe: i principi delle fiabe mi sembravano figure piatte e insignificanti, palloni gonfiati pieni di sé che combattevano draghi e affrontavano maghi cattivi per salvare principesse di cui si dichiaravano innamorati persi, dopo averci parlato sì e no una volta o averne visto soltanto il ritratto. Deludenti. Come Tamino nel Flauto magico di Mozart, che si cimenta in pericolose imprese per salvare l’amata (?) Pamina, vista solo in quadro. Come quando oggi qualcuno si dice innamorato di una ragazza dopo averne visto solo la foto su Facebook. Quando sento una storia del genere non posso fare a meno di pensare a quest’aria di Tamino.

 Dies Bildnis ist bezaubernd schön, ok. E come la mettiamo se poi puzza o non sa fare 2+2? Ma sì, chi se ne importa! Affrontiamo pure l’astuto serpente (die listige Schlange) senza avere né i mezzi né le capacità di farlo, in nome di una femminea bellezza (che poi, sia i dipinti che le foto su sui social possono anche essere mendaci e non corrispondere esattamente al soggetto ritratto), tanto alla fine il lavoro sporco lo faranno le tre dame (Triumph! Triumph!). 
 

 Il principe azzurro quindi non mi interessava, così come non mi fidavo dei tenori. Sognavo di essere una principessa per sfuggire alla monotonia e alla noia della vita di paese. Mi divertivo così a riscrivere le mie giornate su diari, reinventando gli eventi di poca importanza che si susseguivano nella mia quotidianità attraverso un gioco che avevo ideato. Il gioco consisteva più o meno in questo: come una piccola Harry Potter ante litteram (perché allora il maghetto occhialuto non era ancora stato inventato, o comunque non aveva ancora fatto la sua comparsa nelle edicole/librerie dell’entroterra siciliano) avevo ricevuto una lettera in cui mi venivano rivelate le mie nobili origini, che dovevano tuttavia restare segrete perché un parente cattivo mi stava cercando per farmi fuori, in modo da poter ereditare la corona al posto mio. Dovevo così dimostrare (a misteriosi osservatori) di essere all’altezza del mio rango e del mio destino, affrontando prove di coraggio e di resistenza, mostrare di avere un portamento elegante, di essere intelligente e colta (e lì a mandare giù a memoria poesie – che tutt’oggi non ho dimenticato – e brani del libro di storia), magnanima, ma anche intransigente di fronte a ingiustizie e infrazioni. Al contempo dovevo stare attenta a non essere scoperta da quel parente cattivo cattivo e ideavo tecniche di difesa. Se dei vecchietti per strada si toglievano il cappello (la coppola) per salutarmi (ma credo, piuttosto, per salutare mia madre accanto a me), per me erano delle guardie in incognito che mi avevano riconosciuta a mi davano segno della loro devozione. Se a scuola il maestro scriveva “ottimo” sul mio compito, per me non era solo riferito all’esercizio, ma si trattava di un messaggio cifrato per comunicarmi che tutto stava andando secondo i piani. La bicicletta era il mio destriero e mettevo alla prova le mie forze inerpicandomi in salite molto ripide, per essere pronta nel caso in cui il mio parente cattivo o uno dei suoi uomini fossero venuti a cercarmi. 

 
Sono figlia unica, nel mio paese non c’era una biblioteca né tantomeno una libreria e internet non sapevo neppure cosa fosse, così mi arrangiavo a passare il tempo e a rendere più interessante la mia vita da bambina. Non so quando io abbia smesso di giocare a questo gioco – forse solo alla fine della scuola elementare? Con l’inizio della scuola media ho perso ogni interesse per la nobiltà e ho creato altri mondi per sfuggire alla noia del mio.

Erano passati almeno tre lustri e mezzo dall’ultima volta che la mia fantasia aveva galoppato tra i sentieri dell’aristocrazia, quando, un paio di mesi fa, arriva a casa una lettera: l’invito al matrimonio di un ex compagno di scuola di lui e una giovane baronessa tedesca. Vecchi ricordi di giochi sognati riemergono da zone polverose della mia memoria. Come saranno i nobili veri? L’invito è molto formale: il barone e la baronessa von Taldeitali annunciano il matrimonio della loro figlia con Johannes Plebe. Dentro la busta ci sono quattro biglietti: con uno veniamo invitati alla festa di benvenuto che avrà luogo il giorno prima, con l’altro alla cerimonia in chiesa, con il terzo al rinfresco dopo la cerimonia e con l’ultimo alla grande festa la sera delle nozze. C’è infine un biglietto su cui dobbiamo indicare (mettendo una crocetta sull’apposito quadratino) a quale degli eventi prenderemo parte e rispedirlo al mittente. Sembra un quiz a risposta multipla, come la terza prova degli esami di maturità, oppure una scheda elettorale. Tant’è. Metto la croce su tutte e quattro le caselle (questo non potevo farlo agli esami di maturità) e imbuco la busta. Adesso sono curiosa: come sarà la nuova nobiltà?

Nessun commento:

Posta un commento